"Learning to cheat" reviews

Firetail’s ‘Learning to Cheat’ is an ambient record of absolute hope. Whatever the sound appears to go it remains incurably optimistic. The aural colors of these two songs are so bright it is simply amazing. Experimentation with format, taking a calmer route (for the first track) or a more aggressive approach (for the second track) makes for a unified whole. Both parts work together to complement the other. Put together the result is something to be wondered about in awe. ‘End = Beginning’ takes the mellower approach out of the two tracks. The sound is Post-Rock without the crescendo. Lingering tones make themselves more powerful without the typical release that most ambient rock outfits aim for. Firetail is confident in their ability to display wonder without the need to increase the volume or intensity. On the finale of ‘Floating Around’ Firetail uses a different approach to achieve the same means. Here the Post-Rock leanings receive large dollops of distortion. Reminiscent of shoegaze the sound is particularly blurry. In spite of the initial lack of definition the melody comes together into a particularly satisfying whole. Ambient rock rarely sounds as it does on ‘Learning to Cheat’. Firetail creates a true gem of an EP with these two songs. By cutting out any trace of fat the result is sound that hits straight for the heart. This is an emotional release that feels every single tone to the fullest. ‘Learning to Cheat’ commands respect without saying a word. (Beach sloth)

In fondo non è infrequente che tra uggiose narcolessie cantautorali e malinconici paesaggi ambientali sussista una comune empatia, quando non anche di sonorità. Eppure, non manca di destare una certa sorpresa vedere un artista transitare con nonchalance dall'uno all'altro ambito, in questo caso abbandonando momentaneamente l’ambizioso progetto slow-core minimale Lullabier per dedicarsi a brevi derive ambientali, semplicemente disegnate da riverberi di basso e chitarra. Tali sono le premesse sottostanti Firetail, afasica incarnazione di Andrea Vascellari che, deposto il pathos di scarne note acustiche e testi cantati quasi sottovoce, si lancia in un quarto d’ora di caldi flussi ambientali. “Learning To Cheat” è infatti un breve singolo digitale, ripartito in due tracce di durata quasi eguale: la prima, “End = Beginning”, segue un placido crescendo di suggestioni vaporose, che omaggiano gli Hammock o il Jon DeRosa del primo periodo di Aarktica, mentre la seconda, “Floating Around”, presenta una grana sonora più concreta, brulicante di stille moderatamente rumoriste ma pur sempre aperta a una coinvolgente epica emozionale. Benché l’operazione non sia, appunto, inedita, le prime due tracce firmate Firetail rivelano in maniera piacevole un’altra faccia, non meno apprezzabile, di un artista che finora si era fatto conoscere in una veste almeno superficialmente diversa. (Music won't save you)

Firetail is the one man project of Andrea Vascellari, who is being more known with regard to slowcore project Lullabier that has shared the stage with the likes of Rivulets, Low, Jessica Bailiff, and Boduf Songs. With Firetail he abandons a subdued, austere singer-songwriter concept, instead of it proceeding more extended sonic terrains and still life-induced progressions. Indeed, this 2-track issue is an outstanding one due to the organic bond of glacial-alike gloss, epic guitar overdrives and moody hiss washes and slow burning. The listener can feel himself/herself like standing alone on the shore at a remote distance of the civilization. Superb. (Recent Music Heroes)

Italian project FIRETAIL is the creative vehicle of Andrea Vascellari, which he use for crafting music rather different to what he otherwise does as Lullabier. “Learning to Cheat” is the debut EP by this project, and was released as a free download by US label Silber Records in 2013. For connoisseurs of good sound, the artist does sell higher quality versions of this EP on Bandcamp. The free version on Silber Records are limited to mp3′s of 128 Kb quality. The two tracks on this EP, one a bit less and one a bit more than 8 minutes long, are both of a fairly similar nature. Ambient, cinematic creations that invites to associations with the sea. End = Beginning builds and ends slowly, and contains a dark drone or resonance with smooth, gentle textured guitar and reverb constructions wash in lakes wave on the shore, with occasional surges soaring upwards. A pleasant and inviting construction, easy on the ears and mind both. Concluding construction Floating Around sports a sampled undercurrent of waves washing on to the shore, with slow surges of guitar and reverb constructions slowly washing in and disrupting into a jittery drone like sound that slowly fades out, creating a soundscape of fairly constant surges and a jittery dronelike texture all present in a delicate, careful manner. A pleasant and soothing creation that should attract the attention of fans of ambient music in general I guess, and one that arguably will have it’s key audience among fans of ambient post rock. (House of prog)

Una storia slowcore

Non ricordo esattamente il momento in cui il mio futuro coinquilino mi prestò I Could Live In Hope dei Low.
Ricordo però che in quel periodo il 90% dei miei ascolti era costituito da rock anni 60-70, e che avevamo messo in piedi un'onesta band con cui suonavamo solo canzoni dei Radiohead.
All'inizio i Low proprio non li avevo capiti. Anzi, avevo quasi fatto fatica ad ascoltare quell'album per intero, così lento, così vuoto. Una notte però mi stesi sul letto, cuffie in testa, e I Could Live In Hope nel lettore. Successe qualcosa.
Capii.
Non era vuoto: era essenziale. Quell'album è l'essenza stessa del rock. I Low avevano tolto ogni orpello dallo scheletro delle canzoni, per rivelarne la più intima consistenza.
Da allora mi dedicai ad una ricerca matta e disperatissima, volevo sapere chi altro aveva creato musica prediligendo i sussurri alle urla, le melodie ai rumori, la quiete alla fretta, il meno al più.
Scoprii il lato folk dello slowcore (Red House Painters, Rivulets, Boduf Songs) ma anche quello più psichedelico (Jessica Bailiff, Coastal, Mazzy Star).

Da qui a mettere in piedi una band slowcore (HeLazy) il passo fu breve. Ma breve fu anche la vita di questo gruppo, perché l'Università finisce e bisogna tornare all'ovile.
Così il progetto solista Lullabier (che prende nome da Lullaby, la canzone più bella di I Could Live In Hope) nacque per noia e per necessità, perché ero rimasto solo con la mia chitarra.

Quando la Silber Records, che aveva pubblicato anche l'album solista di Alan "Low" Sparhawk, mi contattò su Myspace per pubblicare una mia canzone, mi commossi. Un'etichetta che ammiravo, sentendo le mie canzoni registrate quasi per scherzo, mi voleva. Cominciai a credere davvero che tra gli addetti ai lavori Lullabier potesse essere credibile.
Mi misi a registrare un sacco di canzoni, tante da riempire due album (uno ben fatto, Verità Rivestite D'ombra, e uno pieno di scarti, Mai Nulla Di Troppo), e a chi mi chiedeva quando avrei smesso di suonare una musica tanto pallosa, rispondevo "quando suonerò con Rivulets appenderò la chitarra al chiodo".

E una bella botta di autostima arrivò nel marzo 2011, quando suonai proprio con Rivulets. Il concerto andò discretamente male, impegnato com'ero a riflettere sull'assurda circostanza che Rivulets stava ascoltando Lullabier. Pochi giorni dopo aprii anche il concerto di Jessica Bailiff e Boduf Songs.
Ovviamente, non avevo alcuna intenzione di appendere la chitarra al chiodo, e pensavo "quando avrò suonato coi Low smetterò davvero", puntando ad un evento così inverosimile da permettermi di ammorbare la gente con canzoni slowcore per ancora molto tempo.

E poi è arrivato maggio 2013.
Ho suonato coi Low.
A fine concerto ho cercato qualche opinione su Twitter: un tizio mi ha definito "un gran figo", un altro ha scritto "raramente ho sentito cose peggiori". Divide et impera.
In realtà, poco importa.
Ho conosciuto i Low. Hanno suonato una canzone su mia richiesta nel privato del camerino, solo per gli occhi miei e dell'Ire. Alan Sparhawk ha tra le mani i miei album, che peraltro mi ha detto di aver già ascoltato su internet (gli erano piaciuti). Mi hanno seguito (e twittato) mentre ero sul palco.

Può esserci un lieto fine migliore per una storia slowcore?


P.S.: forse non appenderò la chitarra al chiodo ancora per un altro po'.

Firetail e fuoco

Fuoco, ovvero l'ultima canzone di Fitoterapia, terminava con una coda di musica ambient.
Grazie al catalogo Silentes, negli ultimi mesi ho ascoltato moltissimi album di ambient, elettroacustica e field recordings vari. Così mi sono messo a sperimentare anch'io, processando al pc svariate registrazioni di chitarra. Il risultato di tale sperimentazione si chiama Firetail.

Il primo EP di questa nuova creatura, intitolato non a caso Learning to cheat, è appena stato pubblicato dalla mitica Silber Records, che ne parla così: "Firetail is Andrea Vascellari, best known for his slowcore project Lullabier that has shared the stage with the likes of Rivulets, Low, Jessica Bailiff, & Boduf Songs. With Firetail he approaches music differently, instead of a minimalist singer-songwriter approach, he uses guitars & effect processors to build soundscapes. I know, it sounds like a natural fit for Silber & it is. In the vein of Aarktica, If Thousands, Thorn1, & mwvm, Firetail brings another take to the guitar driven ambient drone Silber has been known for since the 1990s. Peaceful & melancholy, lethargic & hopeful, lost & found. A warm blanket & lost friend waiting on the sea shore".

Potete ascoltarlo e scaricarlo liberamente da questo link: http://silbermedia.com/firetail/

A proposito di Fuoco: ho caricato su Youtube un video assolutamente spartano creato usando le immagini di un vecchio video educativo americano sui benefici e i pericoli di questo elemento. E' questo qui:

Concerti & Nuove Canzoni

Comincia la (breve per ora) serie di concerti per presentare il nuovo album "Fitoterapia".

Questo sabato, alle 18.00, suonerò al Jungle Records di Conegliano (TV); il 3 febbraio sarò invece ospite dello Z-Lab a Vittorio Veneto (via Garibaldi 77), grazie all'interessamento del sig. Ponzio. In quest'ultima occasione ci saranno anche gli Under The Snow, la serata verrà accompagnata dalla proiezione delle foto di Stefano Gentile, e nella galleria saranno esposti alcuni bellissimi quadri di Giovanni Bet.
Entrata gratuita in entrambi i casi, ovviamente.

Ma SOPRATTUTTO sabato 11 maggio sarò l'opening-act per il concerto dei Low al Teatro Antoniano di Bologna. Difficile spiegare cosa significa per me poter incontrare sul palco i miei idoli. Lullabier non esisterebbe senza i Low. Quindi è tutta colpa loro.
I biglietti sono disponibili su TicketOne.

In dicembre ho registrato due nuove canzoni.
La prima è una versione minimalista di "24" dei Red House Painters", e fa parte di una compilation tributo uscita su OndaRock e chiamata "OndaDrops vol. 7: Oldness Comes With A Smile". Potete scaricarla gratuitamente cliccando QUI.
La seconda s'intitola "Stereo", ed è una nenia shoegaze basata su una poesia di Andrea Zanzotto. Musicalmente potrebbe essere un incrocio tra i Coastal e gli Slowdive. L'ho registrata per un concorso indetto dalla Regione Veneto; vedremo se e quando verrà pubblicata.